HENRI JAYER E L’IMPORTANZA DEL TERROIR


Il 2014 è stato per le aste bolaffi un anno molto intenso e pieno di novità, tra que- ste la prima asta di vini rari e pregiati organizzata in collaborazione con Slow Food Editore. gli ottimi risultati ottenu- ti sono stati possibili anche grazie alla qualità elevata delle bottiglie che ha suscitato tanto interesse tra ristoratori, appassionati e wine merchants interna- zionali. Tra le preziosissime e molto rare etichette abbiamo avuto la fortuna e l’onore di poter mettere in vendita una bella selezione di vini di Henri Jayer. 

Probabilmente sconosciuto al grande pubblico Jayer è un’istituzione nel mondo del vino, considerato il padre della borgogna e del pinot noir. Uomo dalla personalità originale e geniale ha rivoluzionato il modo di fare vino nella regione più prestigiosa e complessa della Francia. Nato a Vosne Romanée nel 1922, Henri iniziò a venti anni a lavorare le vigne di famiglia, studiò enologia alla facoltà di digione e tra il 1945 e il 1988 si occupò del domaine Méo-camuzet. Allo stesso tempo continuò a dedicarsi alle sue parcelle di echézeaux, richebourg e Vosne Romanée Cros-Parantoux. 

Jayer con grande intuizione e professionalità fu uno dei
primi e più importanti fautori del terroir, il perfetto equilibrio fra terreno, vigna e clima, che riesce a determinare la riconoscibilità e l’unicità di un vino. grande soste- nitore del lavoro in vigna anziché in cantina e dei tempi di raccolta precisi per non arrivare alla sovramaturazione delle uve, fu anche il primo a utilizzare legno nuovo. Straordinario lettore e interprete del territorio, profondo conoscitore del micro- clima di ogni suo vigneto, precursore e innovatore delle pratiche enologiche, Jayer inventò anche la tecnica della macerazione a freddo o criomacerazione. Si tratta del processo durante il quale il mosto e le bucce restano a contatto per poche ore a bassa temperatura per far sì che possano essere estratti gli aromi primari dell’uva presenti nella buccia. La bassa temperatura permette di non far partire la fermenta- zione alcolica mentre il contatto non troppo prolungato consente di estrarre poco tannino e un numero limitato di polifenoli. grazie a questo metodo, tutt’oggi molto discusso, è possibile ottenere più frutta e colore, vini con una maggiore complessità aromatica e tannini meno aggressivi. 
Tra i suoi vini egli è noto in particolare per il premier cru cros-paran- toux, un piccolo vigneto (appena un ettaro) situato ad alta quota nel comune di Vosne-romanée, sopra il famoso grand cru richebourg. Questo vigneto all’epoca riscuoteva scarso interesse perché considera- to troppo faticoso da lavorare per i risultati che si potevano ottenere. Il suolo qui è più sottile rispetto ai vigneti inferiori, il terreno è molto povero e freddo, composto da uno strato sottile di argilla, calcareo e poggiato su un letto di roccia. La vigna ha un microclima leggermente più fresco rispetto alle vicinanze grazie alla sua esposizione a est e ai venti freddi che vengono incanalati attraverso la valle. La luce del sole ancora abbondante aiuta la maturazione, mentre le correnti fredde ne rallentano il processo e garantiscono alle uve l’acidità necessaria per fare vini equilibrati con un eccellente potenziale di invecchiamen- to. Henri Jayer intuì presto che queste condizioni avrebbero donato ai suoi vini freschezza e una buona acidità naturale, decise quindi di iniziare la produzione di quello che sarebbe poi diventato il suo vino più rappresentativo. La bassa fertilità e la mancanza di acqua in questi suoli rendono il sito Cros parantoux adatto alla viticoltura, in quanto incoraggia le radici a crescere in profondità nelle fessure della roccia, mentre diminuisce sia il vigore sia la resa. Le bacche hanno così una qualità particolarmente elevata, con la conseguente produzione di ottimo vino. 
Nel 1995 le sue vigne vennero inglobate dall’azienda del nipote, Emmanuel rouget, ma in realtà Henri Jayer vi continuò a lavorare fino al 2001. dopo la sua morte nel 2006 i suoi vini, già molto ricercati per l’elevata qualità e la scarsa produzione (circa 3500 bottiglie l’anno), sono diventati dei veri e propri cimeli con il conseguente aumento vertiginoso dei prezzi. Il suo riche- bourg ha tolto il primato al romanée conti ed è considerato il vino più costoso al mondo con una media di circa 10.000 Euro a bottiglia. 

Lo sorso 14 novembre sono state battute all’asta bolaffi ben otto bottiglie e due magnum di echezeaux, Vosne- romanée cros parantoux e richebourg delle annate 1982, 1983 e 1987 provenienti dalla leggendaria cantina di Luigi Veronelli. Il top lot è stato la bottiglia di richebourg 1983 che partendo da una base d’asta di 5.000 Euro ha realizzato 7.500 Euro. 

Di Luisa Bianconi