IMMAGINI E FORME DELLA CAMPAGNA ROMANA NELL’ARTE DI DUILIO CAMBELLOTTI


Nell’ultima asta di arredi dipinti e oggetti d’arte, il lotto 433, la conca dei cavalli, un’inedita opera di duilio Cambellotti (roma 1876-1960), ha raggiunto un notevole risultato di vendita (24.000 euro più i diritti d’asta) superando di gran lunga i risultati mai raggiunti da questo autore. Ciò ci induce a fare una riflessione storico-critica sulla figura di duilio Cambellotti, artista eclettico dalle incredibili e innovative capacità artistiche e artigianali e sulla sua originale presenza all’interno della produzione artistica italiana, nella speranza che questo episodio sia solo l’inizio per un riconoscimento duraturo e consolidato nel tempo. 

Duilio Cambellotti, figlio di un artigiano, studiò al liceo artistico industriale e si specializzò in cesellatura in metallo. Si avvicinò all’ambiente artistico romano e da subito dimostrò i più disparati interessi nelle arti applicate: cartellonista, illustra- tore, scenografo per il teatro e il cinema, creatore di bronzi di piccole dimensioni, lampadari, gioielli e vetrate. Siamo nei primi anni del Novecento e a roma c’era una nutrita colonia di artisti tedeschi. Le esposizioni delle arti minori si svolgevano in tutta Europa (a Torino quella del 1902) ed ebbero rinomanza in tutta la penisola le opere di Charles rennie Mackintosh (glasgow 1868 – Londra 1928) e le teorie sull’utilità sociale dell’arte di William Morris (Walthamstow 1834 - Hammersmith 1896). Cambellotti assorbì ma rielaborò l’Art Nouveau europea in assoluta liber- tà come lui stesso ebbe a sostenere nel 1908: “se una qualche lontana influenza hanno potuto esercitare gli stranieri su me quando ho dovuto fare dei lavori d’arte decorativa per le loro industrie (per esempio delle lampade per una casa tedesca), nessuna ne hanno invece esercitata sul mio stile libero. io non ho preso dagli stranieri che il de- siderio vivo di rinnovare, di progredire. non ci tengo affatto a essere originale per partito preso, ad ogni costo, lei vedrà in ogni mio lavoro un tentativo fervido per applicare delle forme naturali che vado sottoponendo ad una linea senza però sforzare né la forma scelta né la linea richiesta (in: galleria Carlo Virgilio, duilio cambellotti, “l’artista – artigiano” negli scritti critici di Mario Quesada, roma 1998, p 32). 

Anche l’incontro con lo scrittore giovanni Cena (Montanaro Canavese 1870- roma 1917) fu per Cambellotti determinante. promotori di attività pedago- giche nell’Agro romano, insieme con Angelo Celli e Alessandro Marcucci, fondarono tra il 1904 e il 1914 una sessantina di scuole per i contadini. Loro scopo era restituire dignità sociale alla gente della campagna romana e per Cambellotti in particolare, quello di diffondere un’Estetica che fosse utile e facilmente comprensibile. 

Limitandoci a citare all’interno della sua vasta produzione, solo il gruppo di sculture dei vasi con animali, al quale appartiene il nostro lotto, così Cambel- lotti si esprimeva negli anni di attivismo nell’ Agro: per molto tempo allestii, per mio intendimento, una serie di vasi bronzei di varia mole, concentrando in essi visioni, espressioni e forme della nostra campagna romana. lo scopo non era per me di farne solo dei piacevoli soprammobili, piuttosto quello di espri- mere, alla stessa guisa che si fa in un grande quadro o in una grande scultura, uno stato d’animo o una sensazione quale poteva sgorgare dalle immagini di quella campagna: immagini e visioni che hanno dominato sempre in tutta la mia arte. (in: il Museo duilio cambel- lotti a latina opere scelte dalla colle- zione, a cura di F. Tetro, roma 2002, p. 181). Questi schizzi o impressioni divenivano appunto oggetti d’uso ed esempi simili al nostro ma già cono- sciuti sono il Vaso con tori (1903-1906), Vaso dei vitelli poppanti (1903-1908) la conca dei bufali (1910), Vaso dei corvi (1910-1913) (in: Cambellotti (1876-1960), Catalogo della Mostra, roma 1999- 2000, pp. 118-121). 
Questa coppa è leggermente più grande degli altri esemplari. Ha la forma di una coppa etrusca e l’originale antico apparteneva a Cambellotti, il quale era collezionista e appassionato studioso di oggetti di scavo (in: il Museo Duilio Cambellotti a latina opere scelte dalla collezione, a cura di F. Tetro, roma 2002, p. 133). La citazione dall’antico, viene rivisitata con elementi tratti dal mondo naturalistico. Il nuovo, il genio si esprime altresì nella continuità materica tra il corpo del vaso e i tre cavalli che si stagliano dal bordo costituendo un unicum con la superficie levigata del bordo. Le forme sono compatte e l’uso della luce che si riflette sulla superficie rende i volumi netti e sintetici. ricorda nelle linee rotte degli animali l’arte scultorea dei Secessionisti, ma Cambellotti si distingue per quel rapporto immediato e mai forzato con la natura. Insomma per concludere con le parole dell’artista: “nel ceto degli artisti io sono stato sempre un irregolare, ma l’opera mia non si è limitata solo ad un appagamento della vista, ho cercato di dire e comunicare qualche cosa di più. naturalmente in quanto ho fatto, ho cercato di non essere né vecchio, né seccatore, né retore”. (in: Narciso galleria d’Arte, duilio Cambellotti, Torino 2008, p. 9).

Di Maria Ludovica Vertova