L'AUREO FASCINO DELL'ANTICA ROMA


La coniazione della prima moneta d’oro romana è da far risalire, secondo plinio, intorno al 215 a.C., momento in cui roma, in guerra contro Cartagine, sta per di- ventare la maggiore potenza politica ed economica del mondo occidentale allora conosciuto. I primi esemplari raffigurano giano bifronte, vengono comunemente denominati, recuperando la tradizione greca, Stateri e sono in realtà coniazioni spo- radiche. L’Aureo comunemente inteso vedrà la luce con Silla nell’87 a.C., ma sarà giulio Cesare a dare continuità alle coniazioni di questi esemplari, quando nel 49- 48 a.C., sfruttando le miniere d’oro della gallia, inizia una produzione di massa e li colloca all’apice della monetazione romana, stabilendo un cambio pari a 25 denari e un peso standard di g. 8,2. Se queste prime coniazioni presentano al diritto raffigurazioni di divinità, già dal 43 a.C. iniziano a comparire i primi ritratti, caratteristica che accompagnerà la produzione di monete d’oro per tutta la storia dell’Impero romano, anche quando l’Aureo verrà sostituito dal Solido con la riforma di Costantino Magno, fra il 310 e il 313 d.C. 

In questa cornice, l’appuntamento invernale con l’asta numismatica, avvenuta il 4 e 5 dicembre scorsi, può fornire ampio materiale per osservare direttamente l’evoluzione tecnica e iconografica dell’Aureo romano, grazie alla pre- senza nella vendita di numerosi esemplari di pregevolissima fattura, molte volte arricchiti da provenienze che ne aumentano ulteriormente il fascino. Tornando alle citate origini cesariane della moneta, si può notare come la forma repubblicana dello stato sia ancora una predominante anche nelle coniazioni: giulio Cesare in primis, nonostante abbia ormai pieni poteri, non si arroga il diritto di effigiare se stesso sugli esemplari aurei, preferendo la dea Vesta al diritto e i simboli pontificali al rovescio.
Passano pochi anni, soltanto cinque, per avere un esempio di come sia radicalmente cambiata la prospettiva. Siamo nel 41 a.C., l’Impero non è ancora sorto, ma su un’unica moneta troviamo due famosi triumviri, ottaviano e Marco Antonio, che sanciscono in questo modo la loro momentanea alleanza e la loro supremazia su Roma. Con l’istituzione dell’Impero, la moneta rafforza ulteriormente il proprio significato  propagandistico e l’oro vene scelto per commemorare gli eventi più im- portanti o per le coniazioni di maggior raffinatezza stilistica. 

Ne è un esempio l’Aureo coniato da Augusto fra il 18 e il 16 a.C. in cui compare al rovescio un arco di trionfo sormontato da una quadriga, voluto dall’imperatore per celebrare il recupero delle insegne militari che i parti avevano sottratto a Crasso in seguito alla sconfitta di Carre. Le emissioni di questo tipo prevedevano basse tiratu- re e se a questo elemento aggiungiamo la prestigiosa provenienza (la moneta faceva parte della collezione del Metropolitan Museum of Art di New york e ancora prima di Sir Edward H. bunbury), è facile comprendere il successo dell’oggetto. Una menzione particolare merita l’Aureo di Antonino pio proveniente anch’esso dal Metropolitan e dalla prestigiosa collezione del Vicomte de ponton d’Ame- court. Siamo in presenza di una piccola opera d’arte in cui lo stile e la conservazione sono eccezionali e testimoniano l’apogeo delle roma imperiale. Non a caso ha stabilito il record mondiale per un’aggiudicazione di un Aureo di An- tonino pio in vendita in asta pubblica: 50.400 euro. 
Un balzo di oltre cento anni e vediamo come la mo- neta abbia mutato le proprie caratteristiche tecniche. L’impero ha iniziato la sua fase discendente e Caracal- la attua una riforma monetaria per cui l’Aureo vede diminuito il proprio peso fino a g. 6,5 circa. A testimo- nianza abbiamo gli esemplari di Aureliano e probo: pur riducendo il valore intrinseco degli oggetti, la fattura resta di altissimo livello e la riforma non inciderà sul valore collezionistico degli esemplari. Su tutti l’Aureo di probo con la biga al rovescio, sempre della collezio- ne del Metropolitan, che è riuscito a spuntare 67.200 euro. Come accennato in precedenza, con Costantino l’Aureo lascerà il posto al Solido in cima alla piramide delle coniazioni romane. diminuisce ulteriormente il peso, si arriva a g. 4,5 circa e il modulo si allarga permettendo di avere ritratti sem- pre più imponenti, seppur a discapito dei rilievi. Anche in questo caso abbiamo un esempio illustre, un Solido di giuliano l’Apostata proveniente dalla collezione gar- rett, una delle collezioni più importanti della seconda metà del Novecento, passato di mano per 5.280 euro. 
Ultima citazione per i profili femminili presenti sugli Aurei romani. La prima donna romana a comparire su una moneta d’oro è ottavia, sorella di Augusto, iniziatrice di una lunga tradizione che proseguirà per tutto il periodo imperiale. Tendenzialmente più rari dei corrispondenti maschili, non presentano differenze dal punto di vista tecnico o stilistico. A rappresentare la categoria l’Aureo di galeria Valeria, figlia di diocleziano, la regina della vendita. di grande rarità, proveniente dalla collezione del Metropolitan e dalla famosa collezione di fine ottocento M. Hyman Montagu, con una conservazione e uno stile fuori dal comune, l’esemplare ha sfondato il tetto dei 100.000 euro di vendita.
Con galeria Valeria termina questo rapido excursus nell’antica roma, oltre cinque- cento anni di storia il cui fascino rimane intatto nei secoli e che grazie alle monete rivi- ve ancora ai giorni nostri, dimostrando come le collezioni passando di mano in mano riescano a valorizzare il significato delle gesta dei nostri antenati e a trasmettere l’importanza culturale degli oggetti che le compongono.

Di Gabriele Tonello