LA CERAMICA DI FIGURA A TORINO FRA IL 1930 E IL 1950


La produzione di ceramiche figurate e colorate della LENCI (acronimo di “ludus est nobis constanter industria”) iniziò nel 1927 quando la ditta affiancò alle già apprezzate bambole in feltro (dal 1922), questa nuova tipologia di arredi con un ampissimo repertorio di forme e modelli. Animali, oggetti d’uso, signore vestite alla moda del tempo, i gustosissimi “nudini” e molto altro ancora furono disegnati da vari artisti, alcuni tra questi di indubbia capacità e fantasia. Si annoveravano, ad esempio, i nomi di Chessa, Dudovich, Beltrami, Sturani, Vacchetti, LeviMontalcini ed Elena Konig-Scavini (moglie del fondatore Enrico) che proposero in pochi anni una varietà tale di modelli che la manifattura ebbe un inaspettato, improvviso grande successo di critica; ad esempio nel 1929 le riviste Domus e Casabella pubblicarono diverse immagini di ceramiche Lenci, corredate da lusinghieri articoli.

Anche il pubblico mostrò di gradire la novità e l’azienda, che aveva oltre seicento dipendenti nello stabilimento di via Cassini 7, nel pieno centro di Torino, e stava passando un momento di difficoltà, per un paio d’anni ebbe, grazie alle ceramiche, una decisa ripresa economica, sfornando migliaia di queste allegre sculture da salotto. Ma la grande crisi mondiale del 1929, unita alle sanzioni imposte all’Italia con la guerra d’Abissinia, furono fatali per l’amministrazione Scavini, così il cavalier Pilade Garella, il commercialista che aveva seguito per anni l’azienda, nel 1933 venne in soccorso ai proprietari rilevando un cospicuo pacchetto azionario della Lenci, mantenendo come direttrice artistica, Elena Konig-Scavini carica che l’artista mantenne fino al 1940, quando ormai l’intera proprietà era passata ai fratelli Garella.

La guerra fece gravissimi danni allo stabilimento di Torino, ma con tenacia i Garella (si erano aggiunti allo staff anche Beppe, figlio di Pilade e il nuovo direttore artistico Mario Sturani) ricostruirono i locali sventrati dalle bombe e ripresero l’attività con nuovi soggetti più attuali, come le figure di Walt Disney, i personaggi di Carosello, gli innamorati di Peynet. Purtroppo nel 1964 cessò la produzione delle ceramiche, mentre continuava quella delle tradizionali bambole in panno nella nuova fabbrica di via San Marino, riproponendo in tiratura limitata quelle più significative degli anni venti e trenta. La morte improvvisa nel 1992 di Beppe Garella provocò un nuovo mutamento nella gestione, il testimone passò alla giovane figlia Bibija che cercò di introdurre nuove idee pur nel rispetto della tradizione, coltivando i rapporti avviati con la storica manifattura tedesca Sigikid e tentando di distribuire il prodotto negli Stati Uniti attraverso la televisione HSN pur mantenendo viva la collaborazione con i negozi specializzati, ma nel 1997 Bibija dovette abbandonare la partita, liquidando l’azienza.

Oggi le storiche ceramiche e bambole Lenci sono ricercati oggetti da collezione, esposti nei musei di tutto il mondo, anche nell’ambito di mostre temporanee come quelle tenutasi a Torino a Palazzo Madama: “Arte e Industria a Torino. L’avventura Lenci: ceramiche d’arredo 1927-1937” (2010) e “L’invenzione e la tecnica, gessi e ceramiche della Lenci” (2015) Dalla costola della Lenci nacquero nel tempo altre manifatture che ne imitavano i prodotti ceramici; già nel 1932, quando la ditta subiva i primi scossoni economici, Clelia Bertetti, ceramista della prima ora e responsabile del reparto ritocco aprì, in via Alpignano 16 a Torino, il proprio laboratorio di ceramica artistica denominato “Le Bertetti”, coadiuvata da Piero Ducato. La manifattura, il cui primo marchio è costituito dalle lettere LeB, si dedicò alla produzione in serie di oggetti di buona qualità e notevole grazia, in terraglia e terracotta, sovente realizzati a colaggio, molto vicini al gusto della “Lenci”. La manifattura nel 1942 venne ceduta, ma l’attività proseguì ancora per dieci anni. Nel 1934 a lasciare fu il direttore artistico Sandro Vacchetti che con Nello Franchini si allontanò dalla casa madre e insieme fondarono la “Essevi” iniziando un’ottima e fantasiosa produzione, avvalendosi anche della collaborazione dello scultore Otto Maraini, di Giovanni Grande e della moglie Ines Panchieri Grande. Negli anni della seconda guerra mondiale la manifattura si trasferi a Carrù, in provincia di Cuneo, con attività ovviamente assai limitata. La “Essevi”, ritornò a Torino nel 1945, ma chiuse definitivamente nel 1952 anno in cui, lasciata l’attività di ceramista, Sandro Vacchetti tornò a dedicarsi, per alcuni anni, esclusivamente alla pittura. Nei primi anni Sessanta Sandro Vacchetti si spostò a Roma dove fondò la manifattura ceramica “Crea”.

Anche la signora Manna, plasticatrice e decoratrice, agli inizi degli anni Trenta abbandonò la “Lenci”, ormai in profonde difficoltà economiche, e aprì a Torino un proprio laboratorio denominato “C.I.A” (Ceramica Italiana Artistica) con sede in via Mondrone 10. Nell’asta autunnale di antiquariato Aste Bolaffi presenta una piacevole serie di queste piccole sculture da salotto, che se pur non di alto valore venale presentano una signicativa testimonianza della fantasia e dell’abilità degli artisti torinesi negli anni centrali del XX secolo.

Di Gianfranco Fina