MARTINATI, UN ARTISTA PER TUTTE LE STAGIONI


Fra i collezionisti di manifesti cinematografici Luigi Martinati (1893-1983) è cono- sciuto soprattutto come autore dei migliori cartelloni dei film con Humphrey bogart, Errol Flynn, James Cagney ed Edward g. robinson, tutti targati Warner bros. Ma ricordare Martinati solo come ritrattista di bogart sarebbe riduttivo. Luigi Martinati nasce a Firenze nel 1893, frequenta l’Accademia di belle Arti e affina la sua formazione pittorica frequentando i maestri Ludovico Tommasi e giovanni Fattori. Nel 1910 partecipa e vince il concorso per il manifesto a tema oggi si vola.

Nel 1911 si trasferisce a roma – che diverrà la sua città d’adozione – per lavorare nell’ambito della Mostra internazionale di belle Arti, organizzata per il cinquantenario dell’unità d’Italia. Su invito di Federico ballester, padre del suo coetaneo e futuro collega Anselmo ballester, comincia la carriera di grafico pubblicitario nel nuovo stabilimento litografico di Enrico guazzoni, il futuro regista di Quo Vadis (1913), che alla Mostra dell’arte applicata all’indu- stria a Torino aveva capito l’importanza e le future possibilità della produzio- ne industriale dei manifesti. Martinati comincia quindi l’attività di cartello- nista pubblicitario dalla gavetta, trasferendo sulle lastre di pietra (le matrici di stampa dell’epoca), uno per ogni colore, i bozzetti di ballester destinati alla stampa del manifesto. Negli anni successivi la sua attività di cartellonista spazierà da quello che fu il suo principale ambito, il manifesto cinematografi- co, al poster pubblicitario, che percorrerà dai prodotti di largo consumo alle manifestazioni sportive (come i campionati mondiali di calcio, del 1934), senza sottrarsi a incursioni nelle manifestazioni di propaganda del regime fascista (come la crociera aerea del decennale, del 1933). porta la sua firma il manifesto che ufficializzava la partecipazione dell’Italia alla Seconda guerra mondiale 
(l’italia spezza le catene che la soffocano nel suo mare, del 10 giugno 1940). In questo pe- riodo Martinati si distingue nella tecnica di realizzazione a tempera su cartone per la vivacità dei colori e la centralità dei soggetti, senza indulgere in eccessivi dettagli di contorno e mantenendosi essenziale nelle sfumature. Il cinema degli anni Trenta lo vede impegnato a firmare produzioni per conto delle case Warnerbros, Mgm, Ente nazionale industrie cinematografiche e Anonima pittaluga. Nel 1939-1940, sotto il regime restrittivo verso l’importazione di film americani, cambia la committenza e subentrano Artisti Associati, Ici, Sangraf, Tirrenia, generalCine, Minerva, FilmUnione (Ufa), Aci/Europa.

Come “contrappasso”, nell’immediato dopoguerra Martinati si trova a dover illustrare i manifesti dei film russi distribuiti dalla gdb, come ivan il terribile e pietro il grande. Dalla fine del 1945 fino al 1958, la sua attività copre la quasi totale produzione cartellonistica per la Wb, con qualche rara realizzazione per Columbia e Universal. Appartengono a questi anni i suoi manifesti più conosciuti e apprezzati, come casablanca, capitan blood, acque del sud, il grande sonno. Nel 1952, festeggiato dai colleghi in occasione del qua- rantesimo anniversario della sua attività di cartellonista, organizza l’istituzione di un premio annuale al cartellonista cinematografico più meritevole per arte e per tecnica: il premio si chiama Spiga Cambellotti, perché richiama la firma con la spiga usata dal pittore duilio Cam- bellotti, coinvolto nell’iniziativa. Negli anni successivi, lasciata la Warner bros, lavora sporadicamente con vari marchi – Cineriz, Euro International, Universal, Columbia, dear, Lux, Filmar – fino al 1967, quando fa perdere le proprie trac- ce. In un’intervista del 1978, il maestro si dice deluso dai colleghi, che ha cer- cato di coinvolgere in un’associazione per la tutela della professione. Forse questo sconforto è uno dei motivi che lo avrebbe spinto a non conservare nulla della sua immensa produzione: quando lasciò la Warner bros, non pre- se con sé i bozzetti. Narra poi la leg- genda che, chiuso lo studio, avrebbe strappato anche gli schizzi e i bozzetti rimasti. Alla fine del suo percorso ci- nematografico, tornò senza nostalgie alla sua primordiale attività pittorica, rifacendosi al suo maestro Fattori e all’antico stile dei macchiaioli. Morì nel 1983, a 90 anni. 
Di Armando Giuffrida