MONFORTINO E SASSICAIA: DUE ICONE AI VERTICI DELL'ENOLOGIA MONDIALE


In questi ultimi quarant’anni il vino italiano ha compiuto una rivoluzione qualitativa su cui pochi avrebbero scommesso. Negli anni Sessanta e Settanta erano pochissime le etichette che venivano esportate e quindi la critica nazionale e internazionale non dava un peso così grande alla nostra enologia. Dall’inizio degli anni Ottanta la situa- zione si è invertita e sono nati tanti nuovi artigiani vignaioli che hanno contribuito alla fama e alle fortune del vino italiano, tanto che dal 2009 il valore delle esportazioni ha superato quello del consumo interno. 
In questo panorama molto incoraggiante e di grande sviluppo bisogna comunque ave- re una giusta prospettiva storica e saper riconoscere i meriti innegabili di chi aveva puntato sulla qualità senza eccezioni in tempi non sospetti. Esemplificano perfetta- mente questa visione di lungo periodo due etichette che sono entrate nell’olimpo dell’enologia mondiale. Due vini che tra l’altro riescono a condensare anche la tradi- zione di due regioni al vertice della nostra enologia: il Piemonte e la Toscana. 

Il primo, che arriva dal cuore della Langa barolista, Monforte d’Alba, è il Barolo Monfortino Riserva. La cantina che l’ha creato porta il nome del suo fondatore, Giacomo Conterno, nato nel 1895 a Tu- cuman in Argentina, ma rientrato in Italia a inizio Novecento. Tornato dalla Grande Guerra decise di produrre un vino realizzato solo nelle grandi annate, frutto di lunghe fermentazioni, in grado di reggere gli anni: fu così che si incominciò a imbotti- gliare la riserva 1920. Nacque il Monfortino. Nel frattempo la famiglia di Giacomo, oltre a produrre vino, gestiva anche un’osteria, che negli anni della resistenza fornì aiuto e conforto ai partigiani. La sua etichetta più importante cominciò a essere conosciuta e apprezzata, prima nelle principali città limitrofe, come Genova e Torino, poi varcò i confini regionali e nazionali. La qualità di questo vino è entrata di diritto nell’immaginario comune trasformandosi in una vera e propria icona, grazie ad annate mitiche come il 1947 e il 1955. Quando, nel 1961, lasciò la cantina nelle mani dei suoi figli, fu Giovanni a contribuire all’affermazione planeta- ria di questo marchio e del suo vino più importante. Il Monfortino continua a essere prodotto solo nelle annate migliori (tanto è vero che recentemente sono state saltate la 2003 e la 2007) ed è celeberrima la sua capacità, forse unica, di sfidare i decenni. 
Il Bolgheri Superiore Sassicaia non ha certo bisogno di presentazioni. Vino icona del nostro tempo, dalla sua prima annata in commercio, 1968, ha stupito il mondo per continuità qualitativa e capacità di evoluzione. Unico vino italiano a coincidere con una denominazione di origine, nel tempo il Sassicaia è divenuto, in modo direi invo- lontario, paradigma del vino perfetto che per anni schiere di imprenditori e tecnici enologici hanno inseguito e creduto di poter raggiungere, ma solamente sfiorandolo nel migliore dei casi. Eppure la “ricetta” del Sassicaia nasce dalla più semplice e atavica capacità contadina; quella dell’osservazione. Fu, infatti, il padre di Niccolò Incisa della Rocchetta, Mario, a intuire l’estrema vocazione delle colline bolgheresi alla viticoltura, che il Marchese declinò verso la scelta di uvaggi bordolesi, sua grande passione. Ma non fu tanto la decisione di piantare cabernet sauvignon e franc, o l’uso della barrique, metodi scim- miottati da tante realtà italiane negli anni seguenti, quanto quella di un profondo rispetto della terra e della sua microbiologia a caratterizzare il lavoro del fondatore del Sassicaia, opera fondamenta- le alla creazione del mito che nel tempo fu perfezionato ed esaltato da Niccolò e dall’e- nologo Giacomo Tachis. 

Di Giancarlo Gariglio - Curatore Slow Wine 2014