ZAFFIRI BLU. LE GEMME DEL CIELO


Tra tutte le pietre preziose i corindoni costituiscono la famiglia più importante e ricca per varietà di colori, dimensione dei cristalli, trasparenza ed elevata purezza degli esemplari più belli, indicati come “gem quality”.

I corindoni rossi in tutte le sfumature sono detti rubini mentre la denominazione zaffiro, seguita dallo specifico colore (es. zaffiro giallo), viene data a tutti quelli non di colore rosso, che variano dal giallo all’arancio al viola e al verde, con esemplari bianchi e neri; da sempre però il colore più ricercato è il blu.

Lo zaffiro blu è citato fin dalle più antiche civiltà: era chiamato sauriratna in sanscrito, sappheiros in greco, shamir in ebraico e safir in arabo, anche se l’esatta origine del nome non è nota. In varie civiltà lo zaffiro blu, emblema del cielo e simbolo del divino per molte tradizioni religiose, è stato associato all’armonia, alla fedeltà e all’amore e ha sempre avuto un posto d’onore tra gli appassionati di gemme: già Marco Polo raccontò di aver venduto al Gran Khan, a prezzo raddoppiato, zaffiri che sicuramente provenivano da Ceylon (l’attuale Sri Lanka).
L’isola di Ceylon è stata la prima fonte di approvvigionamento di zaffiri e ancora oggi rappresenta il principale produttore, seppur in diminuzione.

In generale gli zaffiri Ceylon sono caratterizzati da un “overtone of gray”, una leggera sfumatura grigia, mentre nella migliore qualità ricordano il colore del fiordaliso, un intenso blu chiaro estremamente brillante.
La scoperta delle miniere birmane portò sul mercato alcune gemme di eccezionale qualità provenienti soprattutto dalla miniera di Mogok con un profondo tono di blu estremamente ricercato, che viene solitamente indicato dal mercato come “royal blue”. Pochi esemplari che presentano alta saturazione di colore con tono omogeneo e profondo sono degni di tale nome e le loro quotazioni raggiungono sempre cifre notevoli.

Un’importante data nella storia delle estrazioni degli zaffiri blu è il 1881, anno in cui una frana in una remota regione del Kashmir, a nord ovest della catena himalayana, rivelò una roccia ricca di zaffiri di straordinaria bellezza.

La voce si sparse presto e l’area, impervia e gelida, divenne affollata di cercatori e avventurieri finché il maharajah del Kashmir inviò le sue truppe a prendere possesso della zona. Nei cinque anni a seguire il territorio, sotto il diretto controllo del maharajah, fu intensamente sfruttato e il giacimento produsse gemme notevoli per poi andare dopo poco gradualmente in esaurimento. All’inizio degli anni ‘30 tutte le miniere risultavano esaurite.
Per gli appassionati di zaffiri il nome Kashmir evoca immediatamente un colore vellutato, intenso, profondo e unico, il più ricercato e apprezzato tra tutti gli zaffiri.

Le quotazioni al carato di queste gemme sono tra le più alte sul mercato sia per la rarità sia per il particolare colore soffuso e morbido, che deriva dall’omogenea diffusione della luce data dalle sottili inclusioni all’interno della pietra. Gli zaffiri Kashmir non presentano alcuna sfumatura di grigio, verde o violetto, il loro unico colore è blu intenso che rimane invariato anche alla luce del sole e a luce fluorescente e incandescente.
Oggi esistono altre miniere per la produzione di zaffiri, in primis quelle thailandesi le cui gemme presentano un bel tono di blu ma meno intenso di quello birmano, mentre gli zaffiri australiani, facilmente riconoscibili per il tono nerastro che li contraddistingue, sono in generale poco pregiati. E ancora gli zaffiri del Montana, di tonalità non sempre uniforme e molto amati dagli Americani, quelli cambogiani di buon colore e intensità ma tendenti al verdastro e ancora quelli africani, ma nessuna delle nuove miniere scoperte ha ancora prodotto gemme in grado di eguagliare l’insuperabile bellezza di quelle del Kashmir.

Oggi gli zaffiri Kashmir possono essere trovati solo in gioielli di antica manifattura, da cui a volte vengono rimossi per essere ritagliati e incastonati in oggetti moderni.
Lo zaffiro Kashmir taglio cuscino di circa due carati che viene presentato nell’asta Bolaffi del 3 ottobre, con una base di 15.000 euro, conserva ancora la sua montatura originale, realizzata in platino e diamanti negli anni Venti. La pietra non presenta alcun trattamento per il miglioramento del colore e questo la rende ancor più preziosa. I trattamenti migliorativi del colore e della purezza attraverso riscaldamento sono noti fin dalla notte dei tempi e applicati sulla stragrande maggioranza delle gemme.

Questa modifica del colore è piuttosto stabile e a seconda dell’intensità del processo possono essere ancora visibili o meno le inclusioni che determinano la provenienza delle gemme. Le pietre preziose non sottoposte a riscaldamento alcuno sono pertanto molto rare ed è bene che vengano accompagnate da un certificato gemmologico emesso da un ente accreditato come l'SSEF di Basilea.